"Yes yes yes. Good book. Good book. Good book.

Ryland Grace, the coolest middle school science teacher ever, slows opens his eyes to discover himself on a spaceship. However, he can't remember his name or his exact mission. Will this scientist discover and fulfill his mission in time to save humanity?

Project Hail Mary had a very conversational tone, the prose was so smooth and not clunky, and I highly, highly recommend the audiobook. The energy and enthusiasm of the narrator was infectious. Project Hail Mary was extremely entertaining, and the storytelling was top-notch.

Overall, highly recommended if you want to read an entertaining book with a bit of non-boring science mixed in.

2025 Reading Schedule
Jan A Town Like Alice
Feb Birdsong
Mar Captain Corelli's Mandolin - Louis De Berniere
Apr War and Peace
May The Woman in White
Jun Atonement
Jul The Shadow of the Wind
Aug Jude the Obscure
Sep Ulysses
Oct Vanity Fair
Nov A Fine Balance
Dec Germinal

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"Un minestrone riscaldato

(view spoiler)[Bree è una sedicenne che ha appena perso la madre in un incidente d'auto e per sfuggire al dolore si rifugia all'università della Carolina del Sud, dove segue un programma preuniversitario per studenti brillanti. Con lei c’� la sua migliore amica, Alice. La prima sera al campus Bree va a una festae vede qualcuno fare qualcosa di strano e misterioso, una sorta di magia. Ancora più strano e misterioso è il fatto che Bree, in quanto essere umano, non dovrebbe essere in grado di vedere la magia. È così che la protagonista entra in contatto con l'Ordine della Tavola Rotonda, conosce gli avvenenti Nick e Sel (triangolo amoroso is coming) e scopre l'esistenza dei discendenti dei cavalieri di re Artù, impegnati in una lotta contro il male.
Il primo problema di questo libro, piuttosto evidente, è la scarsa originalità. Praticamente è un incrocio tra Avalon High, Shadowhunters e Hunger Games. Tracy Deonn immagina che esistano i discendenti di Artù e dei suoi cavalieri e che nei momenti di maggior pericolo vengono "chiamati" dal cavaliere da cui discendono, che si risveglia dentro di loro, acquista il controllo del loro corpo e gli conferisce i suoi poteri. Questi discendenti sono chiamati "eredi". Anche se l'idea di base è appunto presa da Avalon High, il modo in cui viene articolata in Legendborn è abbastanza nuova e interessante. Mi ha colpito da subito l'idea del cavaliere che si risveglia e torna a combattere nel mondo moderno. Quello che invece mi ha dato proprio fastidio è la presenza dei demoni che incarnano il male e che i cavalieri devono combattere: è troppo copiato da Shadowhunters. Qui Deonn avrebbe dovuto fare uno sforzo in più e non ci voleva neanche tanto. Bastava sfruttare Mordred, il nemico giurato di Artù. Anche il rapporto tra eredi dei cavalieri e i loro paggi è la copia di quello tra parabatai in Shadowhunters: combattono insieme, danno la vita l'uno per l'altro, sono legati da un rituale speciale eccetera. Per quanto riguarda Hunger Games, la parte in cui Bree insieme ad altri ragazzi partecipa a una serie di prove per entrare nell'Ordine come paggio è palesemente presa da lì e purtroppo è noiosa da morire. Le scene di azione sono la parte che più mi ha fatto sbadigliare mentre leggevo.
Nonostante sia una specie di minestrone riscaldato, ottenuto mettendo insieme elementi presi di qua e di là, in molte recensioni Legendborn viene definito un romanzo nuovo, moderno, attento alla diversità. Io purtroppo vedo ben poco di nuovo in un fantasy young-adult dove c'è un triangolo amoroso (esatto, un triangolo amoroso, un altro, ancora) tra la solita ragazza che si sente insignificante mentre invece è fighissima e due tizi che sono semplicemente l'uno l'opposto dell'altro, uno moro e dannato, l'altro biondo e angelico. Il primo a entrare in scena è Nick, il tizio biondo e angelico: lui e Bree si conoscono da tre giorni e subito si amano, si desiderano, fanno di tutto l'uno per l'altra e compagnia bella. Poi, a un certo punto, Nick quasi scompare (con una serie di scuse molto forzate, tra l'altro). Sel (il tizio moro e dannato) inizia a essere la presenza maschile costante accanto a Bree ed ecco che lei non capisce più niente, tra addominali scolpiti che «guizzano», colori degli occhi assurdi, ciuffi di capelli sulla fronte. È tutto molto inconsistente e molto già sentito. Non so quante volte ho alzato gli occhi al cielo durante certe scene e ho pensato "C'è qualcuno che scrive ancora così, davvero? Non siamo nel 2012".
Per quanto riguarda la questione "diversità", Bree è nera e nel libro molti personaggi appartengono a minoranze etniche o alla comunità LGBTQ+. Il che va benissimo, ovviamente. Il problema è che alcuni libri contemporanei che si propongono di essere "inclusivi" sembrano scritti seguendo una ricetta e Legendborn non fa eccezione. Immagino l'autore che si siede a un tavolo, prende carta e penna e dice "Ok, cosa ci devo mettere dentro? Il personaggio nero, il personaggio-non-nero-ma-nemmeno-bianco, quello gay, quello bisessuale, quello non binario, quello trans, disabilità q.b. Wow, tutti diranno che sono molto inclusivo!". Be', non è così che si scrive un libro. Così al massimo puoi fare una torta, di certo non scrivi un libro. Il problema è che puoi inserire tutte le tipologie di orientamento sessuale, identità di genere, etnia e disabilità che ti pare, ma se poi questi elementi non hanno il minimo peso nella trama, non gli dai rilevanza, insomma, se non li scrivi "bene" ma semplicemente ti limiti a buttarli lì per fare numero e far vedere quanto sei inclusivo non va bene. Non servono a nulla. In Legendborn c'è una sfilza di personaggi gay o bisessuali, ma non me ne importa nulla, non ci faccio nemmeno caso alla loro diversità, perché sono piatti, poco caratterizzati, quasi intercambiabili tra loro. Ancora nelle ultime pagine quando spuntava un nome avevo difficoltà a ricordare chi fosse, a dargli un volto e un minimo di caratterizzazione.
Per non parlare di certi dialoghi imbarazzanti e improbabili, tipo questo, in cui un personaggio presenta un altro personaggio a Bree in questo modo:

«Ti presento Green Taylor, è non binary ed è il paggio di Russ.»

Ma siamo seri? A chi mai, nel mondo reale, verrebbe in mente di presentare qualcuno così, appiccicandogli un'etichetta sulla fronte come la frutta in esposizione al supermercato? Deve essere l'altra persona a decidere cosa, come e quando dire agli altri dei suoi fatti personali, ma scherziamo? È chiaro che l'autrice voleva solo sbattere in faccia al lettore di aver inserito un personaggio non binari e di essere super inclusiva, ma lo ha fatto con i piedi. Sarebbe stato molto più elegante e di impatto far emergere questo dettaglio pian piano invece di spiattellarlo in questo modo ridicolo. Perché usare l'inglese, poi? Perché fa più figo? Questa però è una stranezza della traduzione. Oltretutto, il fatto che Greer Taylor sia non binario ha forse una qualche rilevanza nella trama o per il suo personaggio? Spoiler: ovviamente no. Dopo questa penosa presentazione, è un elemento che viene del tutto dimenticato. E questa sarebbe inclusività?
L'unico caso in cui la diversità ha un effettivo valore nella trama è Bree, una giovane donna nera che fatica a essere accettata in un contesto tradizionalistico come l'Ordine della Tavola Rotonda. Per quanto io condivida la sua battaglia, purtroppo non sono riuscita ad avvicinarmi più di tanto a Bree, che incarna il solito cliché della donna "forte e determinata" che risponde a tutti per le rime, le suona a tutti e fa sempre come le pare, anche se non ha idea di cosa sta combinando e a volte farebbe meglio ad ascoltare gli altri. Anche lei è roba già vista e oltretutto mi è stata abbastanza antipatica per tutto il tempo: è arrogante, presuntuosa, non si preoccupa minimamente di suo padre che sta vivendo un lutto altrettanto grave. A un certo punto offende un'amica perché le tocca i capelli, pensando che l’amica li consideri dei "capelli da nera". Insulta Sel chiamandolo "sangue di demone" solo perché è in parte demone, quindi è come se qualcuno dicesse a lei, con l'intenzione di offenderla, "sangue di neri". Lo sta insultando per le sue origini. È un'offesa orribile, solo che nel suo caso non viene sanzionata, lei non capisce di aver detto qualcosa di molto brutto e anzi critica continuamente tutti perché non sono abbastanza solidali con i neri. Ma ci sei o ci fai?
Da un lato è stato interessante entrare nella testa di una ragazza nera e capire com'è la sua quotidianità, le sfide e le difficoltà che è costretta ad affrontare, soprattutto in uno stato del Sud degli Stati Uniti. Sono rimasta molto colpita, ad esempio dal problema del rapporto con le forze dell’ordine e con l’autorità in generale. Però la stessa Bree e perfino suo padre mi sembrano intrisi di rifiuto verso gli altri. Ad esempio, suo padre le chiede se al campus ha fatto amicizia con dei "ragazzi neri". Ma perché? Che importanza ha di che colore è la loro pelle? Bree dovrebbe solo trovare degli amici simpatici e divertenti, che siano neri, bianchi o di qualunque altro colore. E ancora, quando suo padre le trova una terapista con cui parlare della perdita della madre specifica che è una "donna nera". E ancora, ma perché? Se è giapponese vale di meno? Forse mi sfugge qualcosa, è possibile che io non riesca a capire fino in fondo il loro punto di vista, ma questo atteggiamento mi ha lasciato un po' perplessa ed è così per tutto il libro. Bree non fa che prendersela (giustamente) con i membri bianchi dell'Ordine che la guardano dall'alto in basso, ma i suoi comportamenti non sono poi tanto migliori.
Tutti questi difetti, in realtà, derivano da un problema di fondo e cioè la mancanza di una buona scrittura. Non c'è realismo, non c'è spessore, non c'è profondità. I personaggi hanno una caratterizzazione da cartone animato, non sono in grado di dire nulla su di loro perché non hanno una personalità. L'unica con un minimo di approfondimento è la protagonista, peccato che sia così pesante e antipatica.
I bianchi sono quasi tutti razzisti e cattivi anche quando non avrebbe nessun senso. Ad esempio, perché mai Victoria (l'erede di Tristano), una ragazza bisessuale che sicuramente avrà avuto qualche difficoltà in un ambiente chiuso come l'Ordine, dovrebbe attaccare Bree e insinuare che sia stata accettata a gareggiare come paggio solo per inclusività? Victoria dovrebbe sostenere l'inclusività tanto quanto Bree. Ma no, deve essere cattiva e basta, cattiva perché sì, perché se una è bianca, bionda, carina e con gli occhi azzurri deve essere per forza odiosa. E meno male che dovrebbe essere un libro inclusivo.
La struttura dell'Ordine e il sistema magico sono incredibilmente complessi, ma mal gestiti e mal spiegati. L'autrice mette insieme una miriade di cose diverse, la confusione regna sovrana e sono arrivata a un punto in cui non ci capivo più nulla, tra la magia ancestrale degli antenati, la magia dei morti, i medium, i veggenti, i cavalieri, la sanguemagia, la linfomagia... Non sarei in grado di spiegare molto, se non che Bree è tutto e sa fare tutto, la classica protagonista bistrattata e disprezzata che alla fine si rivela la chiave di volta di tutta la faccenda. Già visto, già letto, già sentito, prevedibile fin dall'inizio. Se non fosse per la sua antipatia, Bree sarebbe una perfetta Mary Sue.
E ci sono ancora tantissime cose che non vanno.
1) Viene detto che è molto difficile entrare nel programma preuniversitario, quindi in teoria Bree dovrebbe essere una studentessa modello, eppure non la vediamo mai aprire un libro e l’unica volta in cui fa un test va male. Come diamine fa a non essere cacciata?
2) Alcune scene ai limiti del ridicolo, ad esempio quando Bree scopre di essere una medium, accoglie dentro di sé l'anima di sua nonna e si sente come "un vaso troppo pieno", così si muove piano per "non far rovesciare la nonna". Mi stavo sentendo male dal ridere.
3) L'Ordine ha una struttura complicatissima, ma Bree capisce tutto in dieci minuti con una spiegazione-lampo di Nick. Beata lei, io non avevo ancora tutto chiaro dopo 500 e passa pagine.
4) Bree prende tutto alla leggera: una persona normale sarebbe sconvolta e terrorizzata dalla scoperta che esiste la magia, che esistono demoni che si cibano degli umani, che esistono dei discendenti magici di re Artù, lei invece no: è un po' sorpresa ma tutto sommato non fa una piega, si lancia all'avventura e decide di diventare paggio dell'Ordine senza avere la più vaga idea di cosa significhi per la sua vita e il suo futuro, senza preoccuparsi di morire o di farsi molto male e senza la minima preparazione fisica riesce a battere persone che si allenano per questo da quando sono nate.
5) L'idea della "chiamata" del cavaliere mi piace e forse è l'unico aspetto davvero positivo del libro, ma anche questo è gestito abbastanza male: non c'è pathos, non c'è attesa, non ci viene mostrato quasi nulla di cosa significhi per l'erede perdere se stesso in questo modo. Sembra una specie di scampagnata. «Uh, abbiamo i super poteri, che bello! Che figata!». Tutto qui? Eppure gli eredi sono condannati a una vita brevissima dopo il risveglio del cavaliere, è una morte assicurata, ma nessuno è minimamente turbato.
6) Viene detto che l'Ordine vieta le unioni tra le stirpi dei diversi cavalieri per tenerle separate, ma a quanto pare nessuno controlla che il divieto sia rispettato. Sono parole al vento, tanto che uno dei personaggi risulta essere il frutto di un'unione proibita tra due stirpi. E dato che nessuno si preoccupa di far rispettare questo divieto, è possibile che in tanti secoli sia l'unica volta che succede? Non è realistico.
7) Per lo stesso motivo, non tiene nemmeno la spiegazione delle origini di Bree: la sua famiglia discenderebbe dalla violenza commessa su una schiava nera da uno dei discendenti di Artù. Ok, ma è possibile che in tanti secoli questa sia stata l'unica "scappatella" di un discendente? E che sia l'unica volta in cui una "scappatella" produce un erede? Ancora una volta, è ben poco credibile.
8) Perché mai tutti i discendenti di tutti i cavalieri di Artù, compresi quelli dello stesso Artù, sono negli Stati Uniti? Non ce n'è nemmeno uno che sia nato in Gran Bretagna, dove ha origine la storia della Tavola Rotonda, o almeno in Europa?
Legendborn è una grande occasione sprecata. Non si può usare Artù e la Tavola Rotonda, avere il materiale per una storia fantastica, e scrivere un libro così. Nonostante tutto, però, leggerò il secondo e ultimo libro, per chiudere la dilogia e perché comunque sono curiosa di vedere dove si andrà a parare. Ma terrò le aspettative molto basse, nella speranza che non mi deluda ancora più di questo. (hide spoiler)]
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