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“Poi, a scuola, mi sono imbattuta in una Eva naufragata, nella sua faccia annegata, non per le lacrime ma per le ombre dell'albero sotto il quale stava seduta. Ho visto la barriera che la circondava da ogni lato. Ho visto lo sguardo degli altri studenti, sfuggente e subdolo. Una solitudine così grande che in nulla differiva dalla morte.
La cosa più terribile è che avevo l'impressione che lei fosse me. Allora ho ceduto. La sua tristezza mi ha inchiodata all'istante. Dalla porta aperta dei suoi fianchi, la vita fuggiva. Non ho potuto fare altro che consolarla, prenderla tra le mie braccia come una madre o un'amante, e farle dimenticare, anche solo per poco, perché tremava.”
― Ananda Devi, Eve out of Her Ruins